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VERGINITÀ FEMMINILE ED IMENE

A cosa ci riferiamo quando parliamo di Verginità, cosa ci fa venire in mente questa parola?

È un simbolo di purezza, un sigillo di garanzia, un qualcosa che ci rende intattə, interə, che si rompe e che una volta perso ci rende diversə?

SPOILER: è un concetto esclusivamente culturale!

Nel senso comune del termine, una persona vergine è qualcuno che non ha mai fatto sesso.

La “perdita” della verginità rappresenta socialmente un rito di passaggio:

se da un lato porta con sé un senso di eccitazione, uno spartiacque verso la vita adulta, dall’altro è un momento carico di apprensione: la vergogna dettata dall’inesperienza, le credenze religiose e culturali che aleggiano attorno a questo concetto fino ad arrivare a subire slut shaming.

Ma la verginità di chi_?_

Mica quelle dei maschi, quella delle femmine.

All’uomo non può capitare di essere “madonna” o “puttana”, puro o impuro, per l’appunto.

Se pensiamo all’espressione inglese pop her cherry, letteralmente “stappa la sua ciliegina”, porta a credere che una donna vergine sia come una bottiglia di champagne, da “stappare”. Sottintende che il genere femminile cambi radicalmente dopo il primo rapporto.

Il concetto di verginità è innegabilmente legato al genere e la ragione per cui pensiamo di sapere cosa vogliamo dire quando parliamo di “perdere” quel suddetto “frutto” è perché inconsciamente assumiamo che la verginità sia legata al sesso pene-vagina. Ecco cosa si intende per «eterosessualità obbligata». Questo non vuol dire che l’eterosessualità sia obbligatoria nel vero senso della parola, ma che i nostri copioni culturali relativi alla sessualità si concentrano di più sul sesso eterosessuale che su qualsiasi altro tipo di sesso: è diventato la nostra “normalità”, ma è il risultato di migliaia di anni di condizionamenti culturali. È solo grazie allo straordinario lavoro svolto negli ultimi cinquant’anni dagli attivisti lgbtqia+ se abbiamo iniziato a creare uno spazio per discutere forme alternative al sesso uomo-donna.

Ma c’è ancora molta strada da fare. È un concetto esclusivamente culturale, che da secoli viene utilizzato per controllare i corpi delle donne.

Per migliaia di anni, la verginità è stata un parametro fondamentale, che stabiliva il valore di una donna, ma non solo in una concezione astratta, anche in termini economici, una vera e propria “proprietà economica”.

Prendiamo, ad esempio, il fatto che durante la tratta degli schiavi negli Stati Uniti, le donne e le ragazze nere a volte venivano vendute a prezzi più alti in base al presupposto che fossero vergini. Da allora, ciò si è manifestato come una storia di proprietà dei corpi, in questo caso delle donne nere.

Talvolta, il concetto di verginità è così estremizzato che compromette la libertà personale (arresto), la possibilità di sposarsi, trovare lavoro, l’essere riconosciuti come persona degna di rispetto e in certi casi, di poter continuare a vivere…

CULTURA + CONTROLLO

TEST DI VERGINITA’

In alcuni Paesi vengono effettuati dei “test di verginità”, mettendo due dita nella vagina delle ragazze per verificare che l’imene sia intatto (la vergine Maria questo test sembrerebbe averlo superato) pratica assolutamente ascientifica, non affidabile ed invasiva. Tuttavia, da esso dipende il futuro di molte donne nel mondo.

Oggi la prova più famosa di verginità è il sangue prodotto dalla rottura dell’imene. Ma i nostri antenati non usavano neanche la parola «imene» e di certo per trovarne una non andavano a frugare all’interno delle vagine come se stessero scavando alla ricerca di un tesoro.

I testi di medicina, infatti, cominciano a parlare di imene solo nel XV secolo.

È stato il medico italiano Michele Savonarola, nel 1498, ad usare per primo la parola imene, descrivendola come una membrana che «viene rotta nel momento dello sverginamento, così che fuoriesca del sangue». Da questo momento in poi, i riferimenti all’imene e al suo legame con la verginità diventano sempre più comuni. Ma il fatto che i nostri antenati non verificassero l’integrità dell’imene non significa però che la verginità non fosse soggetta a test rigorosi, prima che l’imene diventasse il parametro di riferimento per verificare “la purezza” delle donne.

Le più antiche vergini dell’antichità sono le vergini vestali romane, sacerdotesse consacrate a Vesta, la dea della terra e della famiglia. Scelte in giovane età, dovevano dedicare trent’anni di preghiera e castità alla città di Roma e prendersi cura della fiamma del tempio di Vesta; se una vestale aveva rapporti sessuali, per punizione veniva sepolta viva e lasciata morire di fame. Come verificare quindi la verginità di una vestale?

Si credeva che le sacerdotesse avessero un legame speciale con gli dèi, così quando la vestale Tuccia venne accusata, le fu data l’opportunità di compiere un miracolo per provare che era ancora vergine, trasportando dell’acqua in un setaccio e invocando la dea…

Nel caso però non aveste avuto un setaccio a portata di mano, c’erano altri test di verginità a vostra disposizione…

Il testo del XII secolo De Secretis Mulierum spiega che l’urina delle vergini è “chiara e limpida, a volte bianca, a volte frizzante”. Bè, urinare Perrier è di certo un gran bel trucchetto per sorprendere i nostri amici, ma ci sono altri indizi a cui fare attenzione, l’importante è tenere ben teso l’orecchio: Guglielmo da Saliceto (1210–1277) ha scritto che «una vergine urina con un sibilo molto più acuto» e, se solo si potesse avere un pratico cronometro a portata di mano, «impiega invero più tempo di un bambino».

Prima di spiegare che la pipì di una vergine fa le bollicine, il De Secretis Mulierum di Alberto Magno precisa cosa bisogna cercare in una donna per verificarne la verginità: «I segni di castità sono i seguenti: la vergogna, la modestia, la paura, un passo e un eloquio impeccabile, l’abbassare lo sguardo davanti agli uomini e alle loro azioni […].» (Per la cronaca, se una ragazza avesse ordinato e mangiato un menu formato famiglia da sola e stesse pregando che non vengano trovate le prove nel cestino della spazzatura, i segni sarebbero gli stessi…).

Naturalmente, da quando l’imene è diventato il test di verginità di riferimento, verificare la verginità è diventata tutta una questione di strettezza e di sangue.

Anche il test delle lenzuola insanguinate ha un pedigree molto antico. Lo si trova nella Bibbia, nelle vecchie romanze medievali, e si dice anche che Caterina d’Aragona sia stata in grado di esibire le lenzuola macchiate di sangue per provare di aver sposato Enrico VII da vergine. Inutile dire che sin dal momento in cui è stato sottoscritto un test così profondamente sbagliato, ci sono stati altrettanti modi per falsificarlo. Vista la posta in gioco, nel caso in cui il dono della verginità della sposa fosse già stato spacchettato da qualcun’ altro prima del «sì», è possibile immaginare il perché una ragazza arrivasse a mentire nella prima notte di nozze; e se i testi di medicina hanno cominciato a raccontarci di come verificare la verginità, allo stesso tempo hanno anche fornito consigli su come ripristinarla!

Trotula è il nome dato a tre testi italiani del XII secolo sulla salute femminile. Autrice di almeno uno dei tre era una donna, Trotula da Salerno.

Alla ragazza che ha perso la verginità, veniva offerto questo consiglio:

Di questo rimedio avrà bisogno ogni ragazza che si sia ridotta ad aprire le gambe e abbia perso la propria verginità per la follia della passione, di un amore segreto e delle sue promesse… Quando arriva il momento del matrimonio, per evitare che l’uomo lo venga a sapere, la falsa vergine ingannerà per bene il marito in questo modo. […] Prendi dello zucchero macinato, l’albume di un uovo, dell’allume, e mescolali in acqua piovana in cui sono stati fatti bollire menta puleggio, nepitella e altre erbe simili. Dopo aver immerso un panno di lino morbido e poroso in questa soluzione, con esso si lavi ripetutamente le parti intime […] Ma il migliore di tutti è questo inganno: il giorno prima delle nozze, fa che inserisca delle sanguisughe in vagina (ma si faccia attenzione a che non penetrino troppo in fondo), così che ne venga fuori del sangue e si trasformi in un grumo. E così l’uomo sarà ingannato dall’effusione di sangue.”

A voi i commenti…

Altri suggerimenti comprendevano il fare sesso durante le mestruazioni per assicurarsi la presenza di sangue o posizionare all’interno della cavità vaginale il cuore di un uccello o una vescica di maiale ricucita con dentro del sangue, così che potesse sanguinare al momento giusto.

Oggi molti di questi rimedi per fortuna sono in disuso, nessuno vorrebbe inserirsi in vagina sanguisughe o cuori di uccelli che pensiamo forse più adatti a verificare la verginità della Strega di Biancaneve!

Ma, oltre al dispendioso intervento di chirurgia plastica di ricostruzione dell’imene, esistono in vendita online dei “kit di verginità” con tutto ciò che serve per simulare la rottura dell’imene:

Una finta membrana e sangue artificiale da inserire in vagina, oltre a consigli su come mimare il dolore durante la penetrazione.

La tecnologia fa passi da gigante!

Così come in passato, seppur tutto questo possa sembrare assurdo, ricordiamoci che molte donne nel mondo rischiano la vita e la propria dignità di persona a causa di questa idea della verginità. Non si tratta di giudicare chi deve ricorrere a questi mezzi per salvare la propria vita, ma di proporre una riflessione su quanto ancora oggi utilizziamo i comportamenti sessuali delle persone (in particolare delle donne) per attribuirgli un valore o rovinargli la reputazione.

Dite di no? Proviamo a pensarci: quante volte usiamo il sesso come argomento per screditare una persona?

IMENE

La maggior parte degli studi che hanno indagano la validità del test di verginità e l’attendibilità dell’imene, nella stragrande maggioranza, arrivano alla conclusione che non si può «provare» che qualcuno è vergine e che l’imene non ci dice un bel niente sul passato sessuale delle loro proprietarie. Eppure, il mito persiste, e le donne sono sistematicamente sottoposte a esami inutili e invasivi per cercare di stabilire la loro esperienza sessuale. Oggi gli esami di verginità sono in gran parte effettuati su donne non sposate, spesso senza il loro consenso o in situazioni in cui non sono in grado di darlo. Test di verginità sulle studentesse sono stati segnalati in:

  • Sudafrica e Swaziland come deterrente per l’attività sessuale prematrimoniale.
  • India, il test fa parte dell’accertamento di aggressione sessuale per le donne vittime di stupro
  • Indonesia l’esame fa parte della procedura di candidatura per le donne che vogliono entrare nelle forze di polizia.

Ma se anche si potesse dimostrare la verginità di qualcuno, il problema in realtà non sarebbe l’esame in sé (benché già sufficientemente invasivo) — il problema sono gli atteggiamenti culturali che valutano le donne basandosi principalmente sul loro essere sessualmente attive o meno**. Non è possibile “provare” se qualcuno ha fatto sesso esaminando i suoi genitali, perché la verginità non è qualcosa di tangibile**.

L’imene è semplicemente un tessuto elastico all’interno della vagina, ma non la sigilla come il coperchio di un Tupperware. Gli imeni hanno forme e spessori diversi - alcuni sanguinano quando vengono lacerati, altri no. L’imene di certo non fa un botto quando viene rotto e non è in grado di provare la storia sessuale di qualcuno più di quanto non possa farlo un gomito.

Non si può “perdere” la verginità perché la verginità non è un fatto fisico, è un’invenzione - a prescindere da quanto può essere frizzante la tua pipì!

Ma vediamo nel dettaglio cos’è questa imene…

Il mito dell’imene recita così: se sanguini dopo un rapporto, questa è la prova che non hai mai fatto sesso prima. Se invece non sanguini, ecco dimostrato che non sei vergine. Ma questo mito, come la maggior parte dei miti, è completamente falso.

L’imene è tradizionalmente visto come una specie di sigillo di castità, che dovrebbe lacerarsi e sanguinare al primo rapporto sessuale.

Vediamo: appena entro l’orifizio vaginale si trova una membrana mucosa a forma di anello. Potremmo immaginarlo come un elastico per capelli, come questo qui, in grado di distendersi e tornare alla sua forma originale!

È proprio questo ad essere stato chiamato anche “velo virginale”. Noi la chiamiamo imene. Eh sì usiamo proprio l’articolo al femminile!

Non si hanno certezze riguardo la sua funzione, ma sembra che possa servire a proteggere la vagina e gli organi dell’apparato riproduttivo da agenti esterni patogeni.

L’imene non è sottile come una pellicola di cellophane: è spesso, largo e robusto. Prima della pubertà è generalmente piatto e a forma di ciambella con il buco. Poi, quando entra in scena la grande orchestra degli ormoni, anche l’imene, come altre parti del corpo, si trasforma. Dopo la pubertà, spesso assume la forma di una mezzaluna, si allarga dietro verso l’ano, pur mantenendosi a corona sulla parete della vagina, ma con al centro un buco più grande. Perlomeno questa è la teoria, nella realtà NON C’É ALCUNA REGOLA RIGUARDO ALL’ASPETTO DELL’IMENE.

La maggior parte delle donne hanno una imene circolare con una cavità centrale, non tutti però sono lisci e regolari. Spesso presentano grinze e rigonfiamenti, che non sono indicatori di attività sessuale.

Alcuni imeni presentano dei lembi che fuoriescono dall’apertura vaginale, altri assomigliano a un setaccio con tanti piccoli fori al posto di un unico grande buco al centro. Altri ancora appaiono come piccole frange lungo la parete vaginale. Alcuni sono imperforati per cui necessitano di un piccolo intervento chirurgico chiamato imenectomia, ma si tratta di una condizione rara.

Quale che sia la sua forma, e a parte rari casi, l’imene è duttile e flessibile. Tuttavia, è il punto più stretto di tutta la vagina. E, se è pur vero che la vagina ha una capacità estrema di estendersi e di contrarsi, dopotutto è da lì che escono i bambini, l’imene non sempre riesce a dilatarsi abbastanza per una penetrazione. Funziona un po’ come un elastico: se lo tiri troppo forte, si rompe.

Al momento del primo rapporto sessuale penetrativo, l’imene si dilata insieme al resto della vagina. Per molte donne va tutto liscio, per altre donne può lacerarsi e sanguinare leggermente. Tutto dipende dalla flessibilità dell’imene. È difficile stabilire con certezza il numero di donne che sanguinano durante il loro primo rapporto. Esistono dei dati, ma non sono univoci.

In definitiva, l’ispezione dell’imene non ci dà alcuna certezza rispetto al fatto che una donna abbia avuto o meno rapporti sessuali. Ma soprattutto, chi se ne frega!

La verginità non è una perdita, non è uno spartiacque, e soprattutto non permettete a nessuno di giudicarvi per le vostre scelte sessuali. Inoltre, esplorando e conoscendo il vostro corpo, la prima volta potrebbe non essere così dolorosa!

ABBIAMO BISOGNO DI NUOVE NARRAZIONI

È fondamentale che vengano costruite nuove narrazioni, che i miti vengano sfatati, da parte di genitori, istituzioni, insegnanti e professionisti che partecipano alla divulgazione. Dovremmo smetterla di ridurre il sesso e la sessualità ad un mero atto fisico, senza tenere conto della sua multidimensionalità rispetto alle emozioni, al desiderio, al piacere. Abbiamo il dovere di parlare delle credenze culturali, degli stereotipi, dei pregiudizi che condizionano ogni giorno l’espressione di noi stessi e dei nostri bisogni, banalizzando il desiderio o rendendolo qualcosa di anormale.

Raccontiamo delle differenze tra le persone, tra il femminile e il maschile, tra generi assegnati alla nascita percepiti come corrispondenti e non, tra orientamenti sessuali. Celebriamone le somiglianze, i punti di incontro, e tutto ciò che di meraviglioso li caratterizza universalmente.

E anche la verginità ha bisogno di essere ri-raccontata, escludendola dal senso di colpa. Potremmo cominciare a pensarla come quel momento, quella fase, in cui ci si approccia alle prime esperienze, in cui è l’incontro con l’altrə che coinvolge il corpo, la mente, le emozioni, considerato nel suo aspetto di relazione e nella sua unicità, il momento più importante. Se pensassimo a questa come verginità forse avremmo una chiave per accedere ad una sessualità più consapevole, fatta di piacere, desiderio, amore.

Che il dialogo abbia inizio!